martedì 24 giugno 2014

George Orwell: in difesa del romanzo. Come in 78 anni la situazione non sia cambiata poi tanto.

Gli scritti di Orwell continuando ad apparire estremamente attuali, in special modo i suoi saggi. Vorrei soffermarmi su uno di essi in particolare: In difesa del romanzo, pubblicato nel 1936, che contiene riflessioni ancora attuali sul perché il romanzo sia stato svalutato e la gente affermi con orgoglio di non leggerne mai, sul lavoro poco sincero, ma comprensibile, dei critici letterari e su come sia possibile, tuttavia, salvare questa forma letteraria.
Ecco alcuni stralci:

Se scrivi romanzi fai presa, automaticamente, su un pubblico meno intelligente di quello che conteresti se avessi scelto un'altra forma di letteratura. 

È facile sostenere che il romanzo è una forma d'arte disprezzabile e che la sua sorte non interessa. Mi domanda se valga la pena di confutare questa opinione. A ogni buon conto do per scontato che il romanzo deve essere salvato e che per recuperarlo è necessario convincere le persone intelligenti a prenderlo sul serio.

"Se riuscirete a leggere questo libro senza gridare di piacere significa che la vostra anima è morta". Cose del genere vengono scritte  su qualsiasi romanzo pubblicato. [...] Deve essere così difficile scegliere un libro in biblioteca e ci si deve sentire in colpa, se non si riesce a gridare di piacere! In realtà nessuna persona che conti veramente si lascia ingannare da commenti simili e la scarsa considerazione in cui è tenuta la critica letteraria si è trasformata in disprezzo per il romanzo stesso.

La buona critica letteraria non potrà esistere fin quando si continuerà a ritenere che ogni romanzo sia meritevole di essere recensito.

Un periodico si procura il suo mucchio settimanale di libri e ne invia una dozzina a X, il critico prezzolato, il quale ha moglie e figli e deve guadagnarsi la sua ghinea, per non parlare della mezza corona a volume che racimola dalla vendita delle copie recensite. 

[...] Nel frattempo ogni lettore intelligente si ritrae disgustato, mentre snobbare il romanzo diviene una sorta di irrinunciabile dovere. Accade così che un romanzo meritevole possa, stranamente, passare inosservato solo perché è stato elogiato alla stessa stregua del romanzo da quattro soldi.

C'è bisogno di almeno un periodi che faccia della recensione una prelibatezza e non tenga in alcun conto la letteratura di bassa lega, una rivista in cui ci siano veramente dei critici e non marionette che aprono la bocca quando l'editore tira la cordicella.

Dovrebbe essere possibile escogitare un sistema, anche molto rigoroso, per classificare i romanzi in serie A, B, C e così via, in modo che, se il recensore loda o condanna un libro, il lettore è in grado di trarne le debite conclusioni.

Come il Signore promise che non avrebbe distrutto Sodoma se si fossero trovati almeno dieci uomini retti, così il romanzo non sarà completamente perduto se da qualche parte esisterà un pur esiguo numero di critici onesti.

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