Come
disciplina scientifica la Sociologia nasce intorno alla metà del XIX
secolo, come risposta alla necessità di interpretazione dei profondi
mutamenti sociali indotti da 3 sconvolgimenti storici:
la
rivoluzione scientifica;
la
rivoluzione industriale;
la
rivoluzione francese.
La
Sociologia è un prodotto del mutamento sociale. La società viene
messa al centro del discorso scientifico-sociale. Già
dall’inizio del ‘900, in particolare grazie alla Scuola di
Chicago, si intraprese lo studio dei fatti quotidiani attraverso
ricerche empiriche.
In
Sociologia si fa uso di 5 prospettive fondamentali, tra loro
interconnesse:
Ø
la
prospettiva demografica, che si occupa dei cambiamenti e delle
tendenze quantitative delle popolazioni;
Ø
la
prospettiva psico-sociale, che cerca di spiegare i comportamenti in
base al significato che essi assumono per gli individui;
Ø
la
prospettiva delle strutture
collettive,
in base alla quale i sociologi studiano gruppi, organizzazioni,
comunità;
Ø
la
prospettiva delle relazioni, centrata sullo studio dei ruoli e delle
aspettative ad essi collegate;
Ø
la
prospettiva
culturale,
che analizza i comportamenti sulla base degli elementi cardine della
cultura: le norme e i valori.
L’analisi
della vita sociale è condotta attraverso 2 livelli di analisi:
La
microsociologia si occupa delle interazioni sociali quotidiane tra
individui. Questo approccio tende a comprendere il significato che le
persone attribuiscono agli atteggiamenti e ai comportamenti.
La
macrosociologia si occupa delle strutture che sorreggono la vita
sociale nel suo insieme: le principali istituzioni, gli ordinamenti
politici, i sistemi economici. Si considerano, in particolare, i
rapporti tra tali strutture e il loro mutamento nel tempo.
Principali
teorie microsociologiche
:
Teoria
dello scambio. George Homans ha elaborato una teoria dell’interazione
sociale fondata sul rapporto costi-benefici, sul tipo di “ricompensa”
ricevuta in relazione ad un comportamento passato e sulla proiezione
di future ricompense possibili.
Etnometodologia.
Harold Garfinkel ha invece utilizzato una prospettiva di analisi
fondata sulla conoscenza del “senso comune” che guida le
interazioni quotidiane tra le persone.
Il
modello drammaturgico di Erving Goffman basa il suo approccio sul
fatto che gli individui si comporterebbero nelle loro interazioni
esattamente come attori che interpretano dei personaggi sulla ribalta
teatrale. Attraverso la “gestione delle impressioni” gli
individui/attori imparano ad ottenere gli effetti voluti sugli altri
attori coi quali interagiscono.
Interazionismo
simbolico, il precursore fu George Herbert Mead, mentre il principale
esponente è stato Herbert Blumer. Secondo
gli interazionisti simbolici gli esseri umani non rispondono
automaticamente a stimoli esterni, bensì attraverso una elaborazione
complessa basata sulla attribuzione di significati sociali, espressi
da simboli, agli stimoli ricevuti. È la conoscenza condivisa dei
simboli, che si struttura nel linguaggio, che rende possibile la
maggior parte dell’interazione.
Principali
teorie macro,
a livello
“macro” gli approcci dominanti sono due : il funzionalismo e la
teoria del conflitto.
Funzionalismo,
Spencer paragonò
la società ad un organismo vivente nel quale ogni parte svolge una
funzione specifica nel mantenimento e nello sviluppo della vita, ma
Durkheim affermò che per comprendere ogni fatto sociale è
indispensabile analizzare sia le funzioni all’interno
dell’organismo sociale che la relazione tra queste, così anche
fatti sociali apparentemente solo negativi svolgono una funzione
sociale precisa e spesso non negativa. Più
recentemente autori come Talcott Parsons e Robert Merton, hanno
codificato i principi basilari del funzionalismo moderno: La società
è un sistema di parti interrelate, i sistemi sociali posseggono
meccanismi di controllo e per questo sono essenzialmente stabili,
esistono disfunzioni fisiologiche, ma esse tendono ad essere
riassorbite dal sistema, il mutamento sociale è graduale,
l’integrazione sociale dipende dal consenso di gran parte degli
individui su un certo set di valori.
La
teoria del conflitto (o conflittualismo) deriva dal pensiero di Karl
Marx. Per
Marx alla base della società e del suo mutamento sono una
stratificazione per classi (definite in relazione alla proprietà dei
mezzi di produzione) e il conflitto tra queste ultime. Il conflitto
nel sistema non solo è fisiologico, ma è anche uno dei principali
propulsori del mutamento. Alcuni postulati della moderna prospettiva
conflittualista sono i seguenti: la struttura sociale si basa sul
dominio di alcuni gruppi su altri, ciascun gruppo ha interessi comuni
che si oppongono a quelli di altri gruppi, quando gli individui
acquisiscono coscienza dei propri comuni interessi possono “agire”
come classe, oltre che “essere” oggettivamente una classe.
L’intensità dei conflitti di classe dipende da molti fattori, tra
cui: il grado di accentramento del potere, le barriere di ingresso al
potere, la libertà di pensiero e di azione politica.
La
ricerca sociale consiste in una serie di procedure che consentono di
formulare delle ipotesi e, attraverso una indagine empirica, di
verificarle o falsificarle. L’ipotesi è definibile come enunciato
temporaneo che suggerisce una correlazione tra due concetti. Tali
concetti vanno trasformati in variabili. I sociologi, infatti,
cercano di analizzare i fenomeni studiando le relazioni causa-effetto
tra dimensioni misurabili (le variabili, appunto) e di individuare
variabili indipendenti e variabili dipendenti. Nel corso del tempo,
si sono sviluppate tecniche di ricerca sempre più sofisticate. Esse
possono essere classificate in 4 categorie fondamentali:
Indagini
campionarie;
Ricerche
sul campo;
Ricerche
storiche;
Ricerche
sperimentali.
La
ricerca di indagine campionaria
Nata
già verso la metà dell’800, si è progressivamente affinata ed è
andata diffondendosi di pari passo ai suoi progressi tecnici. Oggi si
può considerare la metodologia più usata in assoluto. Consiste in
una procedura per la quale, individuata una popolazione da studiare,
se ne seleziona un piccolo gruppo che possa esserne un campione
rappresentativo. La composizione di tale campione può avvenire
attraverso diverse tecniche con caratteristiche differenti e
specifiche.
Se ben realizzata, tale procedura consente di
generalizzare i risultati ottenuti analizzando dati rilevati dal
campione (che di solito è molto meno numeroso della popolazione) a
tutta la popolazione, ottenendo significative economie in termini di
tempi e costi dell’indagine
La
ricerca sul campo
Nata
negli Stati Uniti intorno al 1920 la ricerca sul campo (o
etnografica) fu molto utilizzata dalla Scuola di Chicago. Essa
consiste nella presenza diretta del ricercatore “all’interno”
della situazione da studiare, per poter osservare direttamente le
dinamiche di interazione. Un’osservazione così ravvicinata
(talvolta anche segretamente attuata) presta sicuramente dei vantaggi
in termini di qualità delle informazioni rilevate, ma anche alcuni
problemi. In particolare,
a)
il coinvolgimento del ricercatore potrebbe risultare eccessivo e
minare la sua obiettività
b)
una siffatta analisi fornisce risultati spesso buoni ma difficilmente
generalizzabili, proprio perché relativi ad una situazione specifica
in un contesto specifico.
La
ricerca storica
Uno
dei padri della sociologia, Max Weber, usò in modo molto intenso e
produttivo il metodo storico. In particolare, egli riuscì a
stabilire un probabile rapporto di con-causazione tra la nascita del
capitalismo e l’etica calvinista (celeberrima la sua opera “Etica
protestante e spirito del capitalismo“).
L’analisi dei processi storici, anche e soprattutto attraverso
l’uso dei documenti, rimane per molti sociologi una metodologia di
grande importanza ancor oggi.
La
ricerca sperimentale
Verso
la fine del XIX secolo, il metodo di laboratorio, tipico della
psicologia, comincia a diffondersi anche in ambito sociologico. Per
ricerca sperimentale, si intende una procedura di indagine, in genere
applicabile su piccoli gruppi di individui, grazie alla quale si
predispone un ambiente altamente controllato in cui vengono indotte
“sperimentalmente” precise interazioni tra gli individui
studiati. Di solito si costituiscono 2 gruppi di individui: il gruppo
sperimentale, che viene sottoposto ad un determinato stimolo, e il
gruppo di controllo, al quale non viene fornita alcuna sollecitazione
specifica. L’osservazione e la misurazione delle reazioni dei 2
gruppi può fornire indicazioni preziose. Questa metodologia di
ricerca è molto usata nello studio delle dinamiche di leadership, di
cooperazione e competizione.
La
cultura consiste dunque in valori, norme, regole e ideali
generalmente condivisi da un determinato gruppo e che consentono a
quel gruppo di funzionare e di permanere nel tempo. Essa viene
trasmessa da una generazione all’altra attraverso la
socializzazione.
Ci
sono tante e significative differenze tra diverse culture ma esistono
anche molti tratti in comune. Alcuni elementi possono essere
riscontrati in tutte le culture e vengono definiti universali
culturali.
Quando
si parla di cultura è essenziale puntualizzare il significato di due
concetti fondamentali: etnocentrismo e relativismo culturale.
L’etnocentrismo
consiste nella tendenza a giudicare le altre culture in base alla
somiglianza/differenza dalla propria.
Relativismo
culturale: fu
il sociologo americano William G. Sumner, nei primi anni del ‘900,
a criticare l’approccio etnocentrico. Sumner sosteneva che una
cultura può essere veramente compresa solo in una prospettiva
“interna”, cioè sulla base dei valori suoi propri e delle
caratteristiche specifiche del contesto. Inoltre, affermava
l’antropologa Ruth Benedict , non solo ogni cultura va interpretata
relativamente al suo contesto, ma anche “come un tutto“: nessun
elemento della vita di un popolo può essere compreso se separato dal
corpus della sua cultura. Tra la società, gli individui che la
compongono e la loro cultura c’è un rapporto di inscindibilità e
di interdipendenza.
Per
struttura sociale si intende l’articolazione di status, ruoli e
istituzioni nella quale gli individui vivono dando vita a gruppi e
sistemi di relazioni di varia complessità. La struttura sociale è,
dunque, il frame entro il quale – e grazie al quale – si svolgono
le azioni sociali.
Uno
status è una posizione che un individuo occupa all’interno di una
struttura sociale. Si distinguono gli status ascritti, che vengono
assunti alla nascita e senza una azione o una volontà dell’individuo
(il genere, l’origine familiare, l’età …), dagli status
acquisiti che derivano da scelte dell’individuo o di altri (
l’essere dottore, studente, moglie…).
Un
ruolo è definibile come un insieme di comportamenti orientati
secondo le aspettative legate ad un determinato status.
Le
aspettative di ruolo, cioè i comportamenti attesi in relazione agli
status dell’individuo, possono essere formali o informali. Le
aspettative formali sono quelle espresse in precise norme codificate
ed emanate da una autorità a ciò titolata (ad es. le leggi e i
regolamenti).
Le aspettative informali, invece, fanno riferimento a regole di comportamento generalmente accettate dal gruppo, anche se non formalizzate: ad es. le regole della buona educazione o il modo di vestirsi .
Le aspettative informali, invece, fanno riferimento a regole di comportamento generalmente accettate dal gruppo, anche se non formalizzate: ad es. le regole della buona educazione o il modo di vestirsi .
Agendo
in conformità alle aspettative di ruolo si accede generalmente a
delle ricompense sociali (il rispetto altrui, il denaro …), dette
anche sanzioni positive; agendo invece in difformità si incorre in
“punizioni” (il disprezzo altrui, le multe, la galera …), o
sanzioni negative.
Le sanzioni servono a rafforzare le regole e, dunque, i meccanismi di status e ruoli indispensabili al funzionamento sociale.
Le sanzioni servono a rafforzare le regole e, dunque, i meccanismi di status e ruoli indispensabili al funzionamento sociale.
Il
conflitto di ruolo spesso viene risolto con la separazione dei ruoli.
Si
definisce istituzione un insieme di status e ruoli che hanno lo scopo
di soddisfare determinati bisogni sociali. L’istituzione è il tipo
di organizzazione che la società adotta per soddisfare un bisogno o
una serie di bisogni correlati.
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