Ieri ho terminato Castelli di rabbia di Alessandro Baricco.
Il romanzo è ambientato nell'Ottocento, in una cittadina immaginaria, Quinnipak; è generoso nel presentare storie e personaggi, ciascuno con i suoi sogni e caratteri. E tra questi ci sono il signore e la signora Rail, che si amano di un amore tutto loro, e il bambino Penth con il suo amico Pekisch, e due bande che partono dagli estremi del paese per incontrarsi. La narrazione è costruita come un montaggio cinematografico e orchestrata come una partitura musicale, che lascia il senso del piacere dell'ascolto
Da qui inizia la recensione vera e proprio, contiene spoiler, quindi in caso non vogliate rovinarvi la sorpresa, non proseguite oltre.
Avendo letto prima i romanzi successivi e poi questo ho avuto modo di notare l'evoluzione di Baricco. I suoi libri sono un miscuglio di parti poetiche e altre che avrebbe potuto evitare di inserire. I signori Rail sono persone particolari e il giovane Mormy che si fa catturare dalla vita, con il rischio di sembrare un tipo strambo e disadattato. Il personaggio che mi ha colpito maggiormente è stato quello di Pehnt, che da bambino segnava su un quaderno tutte le cose che riteneva importanti e doveva sapere sulla vita. Aveva capito sin da subito che scrivere equivaleva e ricordare. Il libro porta il marchio ormai distintivo di Baricco: la capacità di trasportare in un mondo fantastico popolato da personaggi che non sempre subiscono il mutamento dovuto al trascorrere del tempo.
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