Ieri ho terminato Mi chiamo Chuck. Ho diciassette anni di Aaron Karo.
Charles, detto Chuck, ha diciassette anni e si
lava le mani continuamente, controlla anche cento volte di seguito che
le piastre dei fornelli siano spente e non va mai a dormire senza aver
fatto la pipì fino allo sfinimento. Ha un amico del cuore, Steve,
l'unico a cui confida le sue stramberie e una sorella, Beth, bella,
normale e piena di amici che lo ignora fino a negargli persino
l'amicizia su Facebook. La sua giornata è costellata dalla ripetizione
di gesti, regole maniacali che lui stesso si è imposto per non perdere
del tutto il controllo di sé. E poi ci sono le Converse: ne possiede
decine di paia di ogni colore che ha abbinato ai vari stati d'animo.
Converse rosse: arrabbiato; gialle: nervoso e così di seguito. I
genitori, però, sono sempre più preoccupati e, nonostante le rimostranze
di Chuck, decidono di spedirlo da una psichiatra. L'arrivo di una nuova
compagna di classe e il desiderio di aiutare il suo amico bullizzato
convinceranno Chuck a prendere sul serio i suoi sintomi e a iniziare una
terapia
Da qui inizia la recensione vera e proprio, contiene spoiler, quindi in
caso non vogliate rovinarvi la sorpresa, non proseguite oltre.
Il romanzo è scritto in modo semplice e scorrevole. Chuck è schiacciato dai suoi sintomi, quasi da non riuscire più a vivere. A scuola è un emarginato e neanche sua sorella gli parla. Però è un ragazzo dolcissimo e gentile. La sua vita cambia quando conosce Amy, che è totalmente diversa dalle ochette che frequentano la sua scuola. Piano piano, con grande difficoltà, Chuck riesce a liberarsi dei suoi sintomi e finalmente comincia a vivere, riuscendo a migliorare i rapporti con il suo unico amico, Steve, e con la stessa Amy.
Un romanzo molto bello e mai banale.
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