Ieri ho terminato la lettura di A volte ritorno, di John Niven.
Dopo una settimana di vacanza che sarebbero cinque secoli di tempo terrestre, Dio torna in ufficio, ancora col cappello di paglia e la camicia a quadri. Era andato in vacanza, a pescare, in pieno Rinascimento, quando i terrestri scoprivano un continente alla settimana, e sembrava andasse tutto a gonfie vele. Al suo ritorno però, il quadro che gli fanno i suoi ha del catastrofico: il pianeta ridotto a un immondezzaio, genocidi come se piovesse, preti che molestano i bambini... Dio non è solo ultradepresso. Anche molto incazzato. L'unica soluzione, pensa, è rispedire sulla Terra quello strafatto di suo figlio. - Sei sicuro sia una buona idea? - gli chiede Gesú. - Non ti ricordi cosa è successo l'altra volta? - Ma Dio è irremovibile. Cosí Gesú Cristo piomba a New York, tra sballoni e drop out di ogni tipo. E cerca, come può, di dare una mano agli sfigati della terra. Il ragazzo non sa fare niente, eccetto suonare la chitarra. E riesce a finire in un programma di talenti alla tv. Un gran bel modo per fare arrivare il suo messaggio a un sacco di gente. Ma, come già in passato, anche oggi chi sta dalla parte dei marginali non è propriamente ben visto dalle autorità.
La religione è sempre un tema un po' ostico. Non appena ho sentito parlare di questo romanzo non sapevo bene cosa pensarne. Sarebbe stato dissacrante senza concludere poi nulla? Invece no, una narrazione scorrevole e ricca di humor e insegnamenti reali, umani. Non posso scrivere altro, per non togliervi il piacere della letturama ricordate, fate i bravi!
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