Sulla strada che dal piccolo villaggio di Shadbagh porta a Kabul, viaggiano un padre e due bambini. Sono a piedi e il loro unico mezzo di trasporto è un carretto rosso, su cui Sabur, il padre, ha caricato la figlia di tre anni, Pari. Sabur ha cercato in molti modi di rimandare a casa il figlio, Abdullah, senza riuscirci. Il legame tra i due fratelli è troppo forte perché il ragazzino si lasci scoraggiare. Ha deciso che li accompagnerà a Kabul e niente potrà fargli cambiare idea, anche perché c'è qualcosa che lo turba in quel viaggio, qualcosa di non detto e di vagamente minaccioso di cui non sa darsi ragione. Ciò che avviene al loro arrivo è una lacerazione che segnerà le loro vite per sempre. Attraverso generazioni e continenti, in un percorso che ci porta da Kabul a Parigi, da San Francisco all'isola greca di Tinos, Khaled Hosseini esplora con grande profondità i molti modi in cui le persone amano, si feriscono, si tradiscono e si sacrificano l'una per l'altra.
Hosseini sembra darsi un tema e impegnarsi per rappresentarlo nella sua interezza. Il romanzo è reale, mostra la, spesso difficile e frammentaria, realtà familiare. Non esiste un vero protagonista e talvolta è difficile ricordare i suoli di ognuno, la le storie si intrecciano durante il corso del tempo e poi proseguono per la loro strada, in modo reale e toccante. Regge benissimo il confronto con Il cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli.
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