Nei due decenni successivi alla rivoluzione di
Khomeini, mentre le strade e i campus di Teheran erano teatro di
violenze barbare, Azar Nafisi ha dovuto cimentarsi nell'impresa di
spiegare a ragazzi e ragazze, esposti in misura crescente alla catechesi
islamica, una delle più temibili incarnazioni del Satana occidentale:
la letteratura. È stata così costretta ad aggirare qualsiasi idea
ricevuta e a inventarsi un intero sistema di accostamenti e immagini che
suonassero efficaci per gli studenti e, al tempo stesso, innocui per i
loro occhiuti sorveglianti. Il risultato è un libro che, oltre a essere
un atto d'amore per la letteratura, è anche una beffa giocata a chiunque
tenti di proibirla.
Qui e ora, nell'altro mondo che tanto spesso veniva evocato dalle nostre discussioni, siedo e ripenso a me e alle mie studentesse, le mie ragazze, come le chiamavo, mentre leggiamo Lolita in una stanza piena di un sole fasullo, a Teheran. E tuttavia, per rubare le parole a Humbert, il poeta-criminale di Lolita, ho bisogno che anche tu, lettore, cerchi di pensare a noi, perché altrimenti non potremo esistere davvero. Contro la tirannia del tempo e della politica, cerca di immaginarci come a volte neppure noi osavamo fare: nei momenti più intimi e riservati, nelle più straordinariamente normali circostanze della vita, mentre ascoltiamo un po' di musica, ci innamoriamo, camminiamo per strade ombrose, o leggiamo Lolita a Teheran. E prova a ripensare a noi dopo che quelle cose ci sono state confiscate diventando una volta per tutte un piacere proibito. Se oggi voglio scrivere di Nabokov, è per celebrare la nostra lettura di Nabokov a Teheran, contro tutto e contro tutti. Dei suoi romanzi scelgo quello che ho insegnato per ultimo, e che è legato a così tanti ricordi. È di Lolita che voglio scrivere, ma ormai mi riesce impossibile farlo senza raccontare anche di Teheran. Questa, dunque, è la storia di Lolita a Teheran, di come Lolita abbia dato un diverso colore alla città, e di come Teheran ci abbia aiutate a ridefinire il romanzo di Nabokov e a trasformarlo in un altro Lolita: il nostro.
È così che si conclude il primo capitolo del romanzo di Azar Nafisi, testimonianza di vita vissuta. L'opera, nonostante il profondo valore personale, mostra l'amore per la letteratura e come la libertà vissuta in altri paesi, al pari della tirannia subita in Iran, non necessariamente conduce alla felicità. Dai lontani anni '80 la condizione delle donne in Iran non è ancora migliorata e questo libro andrebbe letto al pari del successivo Mille splendidi soli di Khaled Hosseini, che mostra la situazione in Afghanistan.
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